lunedì 27 novembre 2017

I fisici pluralisti: Empedocle

I fisici pluralisti sono chiamati così perché ammettono a fondamento dell'universo una pluralità di principi materiali.
Essi sono d'ccordo con Parmenide sul fatto che nell'universo c'è nascita né distruzione ma nello stesso tempo possono concordare con Eraclito nel riconoscere che tutto diviene e si trasforma incessantemente.



Immagine correlataUno dei fisici pluralista di Empedocle di Agrigento presentato alla tradizione come poeta, medico, taumaturgo e mago. Empedocle sul poema Nella natura descrive la nascita dell'universo a partire dalla situazione originaria di una totalità indifferenziata,lo sfero, in cui si mescolano e confondono il fuoco, l'acqua, la terra e l'aria che rappresentano le "quattro radici" ovvero i quattro principi primordiali. 
Questi principi sono eterni, immutabili e identici a se stessi.
Empedocle ipotizza che vi siano due forze cosmiche, l'amore e l'odio, le quali presiedono rispettivamente all'unione e alla separazione dei principi originari, tali forze determinano la generazione e la dissoluzione di tutte le cose
L'esistenza per Empedocle costituisce il momento intermedio che non è né pieno amore né pieno odio ma la tensione tra i due esterni. 

mercoledì 22 novembre 2017

Zenone e i paradossi logici

Zenone di Elea nel 489 a.C circa, era un fedele discepolo di Parmenide. 
Lui cercò di dimostrare con sottili argomenti logici che chiunque si fosse discostato all'insegnamento del maestro sarebbe caduto in una serie di insanabili contraddizioni logiche.
Zenone confutava, con la sua sottile arte dialettica, coloro che affermavano:
la pluralità dell'essere e delle cose (i pitagorici);
il movimento (Eraclito e gli eraclitei).

Il suo pensiero può essere riassunto nella seguente affermazione: se si ammette che la realtà è mutevole e molteplice, si cade nell'assurdo

Zenone è famoso per i paradossi, uno dei più celebri è quello di "Achille dal piede veloce", adoperato da Zenone per confutare le tesi a favore del movimento. 
L'argomento sostiene che il velocissimo Achille, impegnato in una competizione con una tartaruga, non sarà mai in grado di raggiungere la tartaruga nonostante Achille sia in vantaggio. 
Mentre Achille avrà raggiunto il punto di partenza della tartaruga, la tartaruga si sarà già spostata e sarà già andata avanti. E così via all'infinito. 

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I caratteri dell'essere

Parmenide si pone il problema di definire i caratteri essenziali dell'essere in modo tale da non essere in contraddizione con l'affermazione centrale dell'esere come unica realtà esistente e pensabile.

Le definizioni cui il filosofo arriva per via deduttiva sono:
•l'essere è ingenerato e imperituro: se nascesse dovrebbe derivare da ciò che non è; ma niente può derivare da ciò che non esiste dunque non può nascere. 
•l'essere è eterno: esso non ha passato ne futuro.
•l'esere è immutabile e immobile: ogni movimento implica una contaminazione tra uno stato A e uno stato B dei corpi, in cui B deve essere concepito come differente da A. Ma se A è"essere", B dovrà essere "non essere".
•l'essere è finito: Parmenide definisce l'esere come una sfera perfettamente omogenea e da ogni parte identica a se stessa. 

Parmenide e il pensiero dell'essere



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Parmenide è considerato il filosofo dell'unità e della stabilità

È vissuto a Elea (oggi Velia) in cui Parmenide crea un ambiente culturale e intellettuale aristocratico. Scrisse un poema in versi intitolato "Sulla natura" di cui ci rimangono il proemio e altri vari frammenti su parti dedicate alla verità e all'opinione. 

Il messaggio di Parmenide è espresso in modo oscuro e difficile: l'essere è, e non può essere, mentre il non essere non è, e non può essere;

Per Parmenide il termine "essere" lo intende come ciò che è comune a tutti e che esiste nella pienezza assoluta e perfetta, eterna e immobile; se una cosa esiste, secondo il suo modo di pensare, non nasce e non perisce,  non si muove e non cambia.


martedì 21 novembre 2017

I pitagorici: la dottrina del numero

Accanto al tema della cura dell'anima l'altro tema importante per i pitagorici è rappresentato dalla dottrina del numero.
Tra le due dottrine c'è un nesso molto stretto.
La vita dell'uomo saggio o "filosofo", infatti si caratterizza per l'ordine e la misura con cui sa tenere a freno gli istinti del corpo.

I pitagorici affermavano che la vera sostanza delle cose non risiede nell'acqua, nell'aria o in qualsiasi altro elemento fisico come i filosofi precedenti avevano sostenuto, ma nel numero.

Infatti, è grazie al numero che noi possiamo cogliere la realtà profondo del cosmo, fatto di proporzione quantitativa tra gli elementi.
Si tratta di un'intuizione fondamentale, che anticipa le prospettive della scienza moderna: la natura può essere ricondotta ad un ordine misurabile, a dunque è possibile rappresentarla e conoscerla in modo oggettivo. 

Il numero come principio costitutivo della realtà


I pitagorici considerano il numero come il vero e proprio principio generatore (o arche) di tutte le cose. Per i Greci il numero non era qualcosa di astratto, ma aveva delle caratteristiche fisiche e geometriche. I pitagorici in particolare rappresentavano l'unità con un punto dotato di estensione spaziale, identificando l'aritmetica e geometria: un numero era  contemporaneamente una figura geometrica e viceversa le figure geometriche corrispondevano vano un numero.

I numeri di dividono in:

pari, che è un'entità illimitata, simbolo di imperfezione, disordine, caos, materia.
dispari,che è un'entità limitata, simbolo della perfezione, del bene, della forma della proporzione perché solo ciò che è limitato permette la misurazione.

Tra questi aspetti c'è una lotta soltanto apparente perché la natura profonda delle cose all'armonia e alla conciliazione: la diversità si risolve in una superiore unità.



Anassimene: l'aria come principio delle cose

Risultati immagini per anassimeneVisse tra il 586 a.C e il 525 a.C a Mileto ed è più giovane di Anassimadro di circa una generazione.

Anche Anassimene si occupò di ricerche naturalistiche Egli identificava il principio primo con l'aria o "respiro" paragonando la vita dell'universo alla vita dell'uomo

Lui affermava che: come l'anima nostra che è aria, ci sostiene, così il soffio  e l'aria circondano tutto il mondo.

Anassimene attribuisce al principio primo i caratteri dell'infinità e del movimento incessante: l'aria è la forza che anima il mondo e il principio di ogni mutamento.

La trasformazione e generazione delle cose è spiegata dal filosofo attraverso i principi di condensazione e rarefazione: quanto infatti l'aria viene a rarefarsi diventa fuoco;quando si condensa diventa vento, nuvola,acqua, terra e pietra.

L'universo sotto a questo principio quindi è destinato a dissolversi nel principio originario per poi tornare a rigenerarsi ad esso, in un ciclo di vita, morte e rinascita destinata a durare in eterno.

Anassimadro: l'áperion come fondamento del reale

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Anassimadro nato a Mileto, vissuto tra il 610 a.C e il 546 a.C circa è stato un filosofo greco antico.
 
Egli usò per primo il termine archè e individuò la sostanza primordiale, che è all'origine dell'universo, in un principio indeterminato detto áperion, parola che significa "senza confini", "sconfinato". 
Anassimadro parla di áperion perchè ritiene che il principio da cui derivano tutte le cose non possa identificarsi con una di esse, ma debba essere una sostanza indistinta. Anassimadro abbandona l'idea che all'origine di tutte le cose ci sia una elemento specifica.

Anassimadro si pone anche il problema del modo in cui le cose derivano dalla sostanza primordiale. Egli ritiene che si tratti di un processo di separazione e differenziazione governato da una legge necessaria (Dike, Giustizia). 

Anassimadro afferma che: non c'è un dio che proceda a separare le cose dal fondo unitario dell' áperion, ma un movimento rotatorio, in virtù del quale caldo e freddo, secco e umido, e tutti gli altri contrari si sviluppano. 

Tramite questa separazione si generano infiniti mondi, destinati a dissolversi e a ricomporsi, secondo un ciclo che ha eterna durata.
La separazione pur essendo alla base della vita, è allo stesso tempo fonte di infelicità, in quanto gli individui mantengono la nostalgia per il "tutto originario" da cui derivano. La separazione è la causa di molteplicità e della differenza tra gli esseri , del loro contrasto e delle guerre.

Talete: l'acqua come principio originario

Risultati immagini per TaleteTalete di Mileto è stato un filosofo greco antico .

Talete pensava che il principio primordiale fosse l'acqua , sulla base dell'osservazione e del buon senso che mostrano che ogni cosa vivente sia intrisa di questa sostanza.

Probabilmente Talete fa riferimento come esperienza originaria a quella del parto, dato che il neonato viene alla luce "rompendo le acque" che lo hanno accolto per nove mesi. 

Il pensiero di Talete era più o meno così: all'inizio esisteva solo il grande Oceano, da cui si è sviluppata la vita, successivamente si sono originati la terra e i corpi celesti. L'acqua è pertanto, l'elemento fondamentale, ossia il principio di tutte le cose, e tutte le cose vi fanno ritorno quando periranno.

 L'acqua era importante anche tra i miti dei popoli mediterranei, ricordiamo ad esempio che le acque del Nilo non erano per gli antichi Egizi non solo causa di benessere, ma anche di esperienza concreta di origine di vita: quando il fiume si ritirava dopo le inondazioni, lasciava il terreno talmente fertile da produrre abbondanti raccolti di grano.

Gli Ionici: Talete , Anassimadro e Anassimene

Gli ionici sono i primi filosofi che affascinati dai fenomeni naturali, cercano una risposta razionale a domande del tipo:

➥qual è l'origine dell'universo?
➥come si spiega la vita sulla Terra?
Pergamon Museum Berlin 2007077.jpg
Plastico di Mileto 
➥perché le cose sono come sono e accadono come accadono ? 

La prima riflessione filosofica si sviluppa nella Ionia, intorno al VII-VI secolo a.C.e coloro che inaugurano questo tipo di pensiero sono Talete, Anassimandro e Anassimene, tutti e tre di Mileto.

Non abbiamo molte informazioni su questi pensatori e le poche che si sono arrivate, le troviamo nei testi di autori successivi come Platone, Aristotele o Diogene Laerzio. 

E' importane sottolineare come questi pensatori abbiamo tentato di spiegare i fenomeni atmosferici e meteorologici facendo ricorso a cause naturali e non più mitiche come succedeva con i poeti arcaici. 
A loro va il merito di essersi interrogati per primi sulla natura multiforme e mutevole del mondo e di aver individuato una causa, un principio originario (archè) da cui derivano tutte le cose. L'archè rappresenta sia la materia di cui sono fatte tutte le cose, sia la  forza che le ha generate, sia la legge divina ed eterna che le governa e le rende intelligibili all'uomo.

lunedì 6 novembre 2017

Eraclito e l'esperienza del divenire


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L'immagine di un uomo schiavo e solitario
Eraclito è vissuto nella città di Efeso tra il VI e il V secolo a.C. La tradizione lo rappresenta come discendente da stirpe reale, aristocratico e altezzosamo, forte oppositore degli orientamenti politici dei suoi concittadini. Della sua ultima opera opera ci restano solo aforismi brevi e enigmatici che gli valsero l'appellativo di oscuro. 
La sua riflessione si può sintetizzare nei seguenti temi: il flusso universale e il logos e la legge dei contrari. 

Il flusso universale
C'è conflitto nella natura, dove si assiste al continuo alterarsi di elementi contrari: l'acqua, il fuoco , l'aria,  la terra, sono in opposizione tra di loro trasformandosi genera l'altro proprio come l'avvicendarsi delle stagioni, del giorno e della notte, della luce e delle tenebre, del bene e del male. 
Tale condizione riguarda anche l'uomo. Secondo Eraclito non è possibile ed esempio bagnarsi due volte nello stesso fiume, non solo perchéle sue acque ri rinovvano costantemente ma anche perché la nostra identità personale che varia.
La sostanza che per Eraclito meglio simboleggiava tale universo in continua trasfonrmazione è il fuoco, elemento mutevole e distruttore per eccellenza. Il fuoco è il simbolo della legge segreta che regna al di sotto dell'apparente disordine dell'universo.

Il logos e la legge dei contrari 
A differenza di quanto pensava il popolo ignorante incapaci di usare la razonalità, dietro alla scissione e la trasformazione delle cose si nasconde un ordine razionale. Il movimento nell'universo si presenta come un conflitto incessante tra gli elementi: il bene e il male,  l'amore e l'odio, il giorno e la notte, l'inverno e l'estate, il caldo e l freddo.. Questi elementi si presentano come inscindibili e complementari: vi sono l'uno soltanto in relazione all'altro.
Per Eraclito tale interdipendenza e inscindibilità dei contrari è la elgge fondamentale dell'universo e proprio per sottolinerare l'intrinseca razionalità egli la indica con il termine logos. Logos è un concetto che viene introdotto nel linguaggio filosocifo a indicare il principio intelligente che presiede al gusto equilibrio delle forze opposte. 

domenica 5 novembre 2017

I pitagorici: Il destino dell'anima e alla ricerca della pruficazione

Pitagora non era mosso tanto dalla curiosità per i fenomeni naturali, era mosso dal desiderio di tracciare una via di purificazione per l'anima, concepita come un principio divino imprigionato nel corpo originario.

Immagine correlataEgli si ispirava ad Orfeo poeta Greco. Gli orfici ritenevano che, dopo la morte, l'anima fosse destinata a reincarnarsi fino all'espiazione delle proprie colpe.
Era però possibile, interrompere il lungo ciclo delle rinascite successive in corpi sempre diversi, attraverso pratiche o riti di purificazione, permettendo all'anima di tornare più rapidamente dagli dei.

Pitagora si concentra nello studio dei mezzi per ottenere la liberazione dell'anima dalla vita materiale; che implica l'obbedienza a precetti molto severi, come astenersi dai rapporti sessuali o da particolari cibi [ecc...] ma sopratutto nell'esercizio della filosofia.
Quest'ultima è infatti intesa come una vita per le salvezze, in quanto, attraverso la ricerca e la conoscenza conduce alla contemplazione dell'ordine che regna nell'universo, consentendo all'uomo saggio di riprodurne la proporzione e la misura anche nella propria vita.

I pitagorici: Pitagora e la fondazione della scuola di Crotone

La grandezza di Mileto durò poco. Nel 499 a.C. le città della Ionia, sotto la guardia del tiranno di Mileto, si ribellarono al potere dei Persiano, che nel 546 a.C. avevano occupato il territorio.
L'esercito persiano ebbe, però la meglio sui rivoltosi: la città di Mileto fu distrutta e i suoi abitanti uccisi o ridotti in schiavitù.
Fu in quest'epoca che il centro della vita culturale della Grecia si spostò sulle colonie greche dell'Italia meridionale (la Magna Grecia) e della Sicilia.

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Pitagora (?)
In una di queste, la bella e ricca Crotone, venne a stabilirsi Pitagora, e vi fondò una nuova scuola filosofica, la Fratellanza Pitagorica un'associazione politico- religiosa di carattere aristocratico , molto diversa della scuola di Mileto, sopratutto per la sua atmosfera quasi sacrale.


Pitagora ,era infatti venerato dai suoi seguaci come una divinità e la sua figura era avvolta da un alone di mistero. Molti caratteri della scuola pitagorica fanno pensare a una setta religiosa, in cui venivano seguite regole ascetiche ed era praticata la comunione dei beni. I discepoli si differenziavano in acusmatici, ai quali era imposto il silenzio e una rigida disciplina di comportamento, e matematici, i quali potevano fare domande ed esprimere opinioni personali e ai quali venivano rivelate le dottrine più impegnative del maestro. Le dottrine fondamentali dei pitagorici riguardavano essenzialmente due argomenti:

la dottrina del numero;
➥la dottrina dell'anima.